Testo/Foto: Gianni Bodini
La val Senales è ormai nota in tutto il mondo per il ritrovamento di Ötzi , la famosa mummia dell’uomo venuto dal ghiaccio, scoperta il 19.09.1991. In questa splendida vallata alpina ci sono impianti sciistici, itinerari alpinistici adatti a tutte le categorie e numerosi masi d’alta quota, perfettamente conservati e attivi, risalenti al medioevo. Ma il vero gioiello della val Senales è, a mio avviso, il monastero di certosini, l’unico in tutto il Sudtirolo: La Certosa degli Angeli ( mons omnium angelorum), che ha condizionato per secoli la storia della valle. Fondata nel 1326 dal conte Enrico III di Tirolo, voluta per intercedere con le preghiere alla salvezza della sua anima. Dotata già inizialmente di ricchi beni fondiari, si arricchì nel tempo grazie a donazioni e lasciti che comprendevano numerosi masi della valle ma anche vigneti nella conca di Merano, e persino il laghetto di san Valentino alla Muta e il diritto di pesca per un tratto dell’Adige dai quale traevano i pesci indispensabili alla loro dieta che vietava il consumo di carne. Nel 1782 il convento venne soppresso per ordine dell’imperatore Giuseppe II , i monaci dovettero abbandonarlo e l’intero complesso venne acquistato dal nobile Francesco Castruccio Castracane degli Antelminelli che avrebbe voluto ritirarsi qui per condurre una vita di meditazione. Ma il suo sogno non divenne realtà e ben presto lo rivendette al conte Franz Hendl, rampollo di una importante famiglia che aveva diversi possedimenti in val Venosta. Questi divise in lotti il complesso degli edifici trasformandoli in diversi nuclei abitativi, che rivendette poi con grande profitto. Purtroppo nel 1924 un grande incendio distrusse buona parte delle strutture che solo a partire dal 1974 vennero risanate. Ma ciò che rimane della Certosa è talmente imponente da giustificarne una visita. Buona parte dell’ antico chiostro è perfettamente conservato e irradia una atmosfera particolare. Su di esso si affacciano le celle dei Certosini, in parte riconvertite in abitazioni, che per la loro regola dovevano vivere in quasi assoluto isolamento.Quindi ogni cella aveva anche un piccolo giardino usato sia per la contemplazione che per la produzione di qualche ortaggio. Passeggiando lungo il chiostro si possono notare ancora certe aperture nel muro: erano usate per passare le vivande ai monaci rinchiusi nella loro cella, ed erano angolate in modo da non permettere il contatto visivo tra i monaci e chi li forniva di cibo! C’è poi, ancora ben conservato, l’edificio che ospitava la vasta cucina del convento, con la copertura a forma di piramide e su di una parete esterna è stato murato un grosso blocco di pietra che mostra una scultura enigmatica: un serpente che sembra ingoiare un uovo. Ci sono poi diversi edifici, come la chiesa di sant’Anna, al cui interno risalta un altare seicentesco di fattura pregevole. Nella piazzetta antistante la casa del Priore una fontana sormontata da un gruppo scultoreo contemporaneo attira la nostra attenzione; rappresenta i monaci obbligati a lasciare il convento che si incamminano in fila indiana, tutti con il capo chino, mentre uno di essi si volge indietro a guardare per l’ultima volta il convento. Ma vale la pena di compiere anche un giro intorno alle mura perimetrali della certosa, fare tappa alla cappella del Santo Sepolcro e per di godere del magnifico paesaggio che offre la valle. Per finire si potrebbe magari fare visita all’adiacente cimitero arricchito da lapidi e sculture, un luogo che emana serenità.